La nascita degli ologrammi risale alla prima metà degli anni ’40, quando lo scienziato ungherese Dennis Gabor sviluppò la teoria dell’olografia mentre lavorava per migliorare la risoluzione di un microscopio elettronico. Gabor ha coniato il termine ologramma dalle parole greche holos, che significa: intero e gramma, che significa: messaggio. L’ulteriore sviluppo nel campo non ha subito però accelerazioni durante il decennio successivo perché le sorgenti luminose disponibili all’epoca non erano ancora sviluppate (monocromatiche o monocolore, da un unico punto e di una singola lunghezza d’onda).
Questa barriera fu superata nel 1960 con l’invenzione del laser, la cui luce pura e intensa era ideale per creare ologrammi. Il sistema laser emette un potente lampo di luce che dura solo pochi nanosecondi (un miliardesimo di secondo). Blocca efficacemente il movimento e consente la creazione ologrammi di eventi ad alta velocità, come un proiettile in volo, e di soggetti viventi. Le prime proiezioni olografiche di una persona sono state realizzate nel 1967, aprendo la strada a un’applicazione specializzata dell’olografia: la ritrattistica olografica pulsata.
Nel 1962 due studiosi americani, avendo letto l’articolo di Gabor, decisero di duplicare la sua tecnica utilizzando il laser e una tecnica presa in prestito dal loro lavoro nello sviluppo del radar a lettura laterale. Il risultato fu la prima trasmissione di ologrammi 3D in movimento (un trenino e un uccello). Il loro lavoro pionieristico ha portato alla standardizzazione delle apparecchiature utilizzate per la realizzazione ologrammi. Oggi migliaia di laboratori e studi possiedono le attrezzature necessarie per proiezione 3D:
- un laser a onda continua,
- dispositivi ottici (lenti, specchi e divisori di fascio) per dirigere la luce laser,
- un supporto per pellicola e un tavolo isolante su cui vengono effettuate le esposizioni.
La stabilità è assolutamente essenziale perché un movimento piccolo come un quarto di lunghezza d’onda della luce durante esposizioni di pochi minuti o addirittura secondi può rovinare completamente un ologramma.
Un altro importante progresso nell’olografia è avvenuto nel 1968, quando Stephen A. Benton ha inventato l’olografia a trasmissione di luce bianca mentre compiva degli studi sul video olografico. Questo tipo di ologramma può essere visualizzato alla luce bianca ordinaria creando un’immagine “arcobaleno” dai sette colori che compongono la luce bianca. L’invenzione di Benton è particolarmente significativa perché ha reso possibile la produzione in serie di ologrammi utilizzando una tecnica di goffratura.
Nel 1972 Lloyd Cross ha sviluppato l’ologramma integrale combinando l’olografia a trasmissione di luce bianca con la cinematografia convenzionale per produrre immagini tridimensionali in movimento. I fotogrammi sequenziali di filmati 2d di un soggetto in rotazione vengono registrati su pellicola olografica. Quando vengono visualizzate, le immagini composite vengono sintetizzate dal cervello umano come un’immagine 3d.
Ad oggi gli artisti olografici hanno notevolmente aumentato la loro conoscenza tecnica della disciplina e ora contribuiscono alla tecnologia così come al processo creativo. La forma d’arte è diventata internazionale, con importanti mostre in tutto il mondo.
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